giovedì 17 luglio 2014

La Capria e le anatre

Ho sempre apprezzato di Raffaele La Capria la fluidità dello stile. Di fronte a una sua opera letteraria di maggiore spessore, su tutte il romanzo Ferito a morte, come a uno degli articoli, con i quali puntualmente sembra sorridere del mondo offrendo una lettura apparentemente a margine, e invece così inequivocabilmente necessaria, di eventi già di per sé apparentemente marginali, sono attratto dal procedere quasi distratto, eppure così preciso e nitido, dalla capacità di mostrare la complessità in modo lieve, rappresentandola però senza mezze misure e scorciatoie. Siamo forse in un guazzabuglio, ma procediamo diritti e sicuri. Insomma, per usare un'espressione cara allo scrittore napoletano, la sua scrittura è come una Bella Giornata, una tersa mattinata di sole che fa più bello il paesaggio e sembra rendere facile adattarsi alle asprezze del mondo. La Bella Giornata è “anche un'idea di scrittura – ha scritto recentemente La Capria in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera -, quella della semplicità che arriva dopo la complessità”.
Per meglio spiegare in cosa consista questa idea di scrittura, La Capria torna su un paragone già utilizzato, mettendo a fuoco quello che lui chiama “lo stile dell'anatra”: “l'anatra che fila liscia sulla superficie dell'acqua e sembra spinta da una forza astratta, non fisica, e invece è data dal lavoro delle zampette palmate sotto il livello dell'acqua, un continuo lavorio delle zampette che però non si vede, non si deve vedere, come non si deve mai vedere lo sforzo nello stile di uno scrittore”.
E' un'idea di scrittura che trovo molto affascinante: esprimere con semplicità la complessità del mondo, operazione difficilissima e che richiede costante applicazione e grande fatica, e fare in modo che il lavoro dello scrittore non risulti visibile, che la scrittura sembri quasi spinta da una forza astratta. La teoria potrebbe classificare, senza con questo esprimere giudizi di valore, le esperienze letterarie degli ultimi decenni.
Se penso alla poesia italiana della seconda parte del Novecento mi sembrano dotate dello stile dell'anatra le poesie di Penna e di Caproni, per fare un esempio tra i più facili, sicuramente quelle di Cattafi e Valeri, meno il Pasolini poeta, molto più anatra nel romanzo Ragazzi di vita.




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