domenica 25 marzo 2012

La mosca di Sinisgalli e la Poesia


Cosa hanno a che fare le mosche con la poesia? Rispondo con le parole di Leonardo Sinisgalli, contenute nel breve scritto teorico Intorno alla figura del poeta, del 1948: “la mosca è Poesia: irascibile, pungente e sempre un po' noiosa. La mosca conosce il buono e il cattivo tempo, ronza intorno allo sterco e alla rosa, odora il volto di Laura viva e morta, è compagna di Silvia che cuce e del cane che dorme”.
Leonardo Sinisgalli
La poesia insomma non lascerebbe in pace nessuno, se solo le concedessimo la maniera di svolazzare, di posarsi su questo e su quello, di non rinunciare a girare intorno all'oggetto elegante, al movimento nobile e signorile, così come al luogo quotidiano, all'avvenimento volgare e abituale. Non si può far passare l'idea che ci sia cosa che possa risultare indegna: la poesia scopre strade impensate e inattesi significati saltando dal sublime all'ordinario.
Il poeta allora concede spesso a se stesso di vivere col naso per aria, intento ad inseguire il volo irregolare delle mosche, a cercare di scoprire un senso nell'irregolarità zigzagante del loro percorso. E se la mosca diventa più ronzante e fastidiosa, se si precipita dal libro all'orlo avvinazzato del bicchiere, allora lui scrive sotto dettatura.
Ma nelle nostre case di città le mosche sono sempre più rare. Ed anche in campagna proteggiamo stanze e cucine con veli e zanzariere. Sarà per questo che la poesia è sempre più lontana dalle nostre vite o, quando timidamente si rivela, appare pedante e soporifera.

sabato 10 marzo 2012

I poeti del Sud non vanno a scuola


Circola da qualche giorno nelle scuole superiori italiane un documento che denuncia una singolare omissione nei programmi relativi allo studio della letteratura italiana del Novecento. Le indicazioni ministeriali infatti, contenute in un Regolamento che risale al maggio del 2010, dimenticano di citare anche uno solo degli autori meridionali attivi nel secolo scorso.
Sandro Penna
Per quanto riguarda la poesia, gli “obiettivi specifici di apprendimento” per l'ultimo anno dei licei fanno riferimento alle “esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale” per poi suggerire “un'adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva”, citando quali esempi Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto. Alcune dimenticanze appaiono a dir poco sconcertanti e poco giustificabili anche nell'ottica di una crociata antimeridionalista. E' vero che dopo il nome di Zanzotto, a voler essere precisi, gli estensori del documento si rifugiano nei puntini sospensivi, che aprono a qualche ulteriore non specificata presenza, ma sembra davvero poco e allora tanto valeva che le Indicazioni non fornissero alcuna indicazione.
Nell'esiguo elenco in effetti non si è trovato posto nemmeno per il torinese Gozzano e per il ligure Sbarbaro. Sono ignorati comunque Cardarelli (Viterbo), Quasimodo (Modica, provincia di Ragusa), Gatto (Salerno), Sinisgalli (Montemurro, Potenza), Scotellaro (Tricarico, Matera) e addirittura anche Sandro Penna, che era nato a Perugia e visse lungamente a Roma, e che molti critici e lettori di poesia considerano tra le espressioni più significative del Novecento.
Le dimenticanze ovviamente non riguardano solo la poesia, ma estendono la loro ombra anche sulla narrativa, dove a reggere il vessillo della meridionalità è Elsa Morante (romana!), che è anche la sola donna presente nell'elenco, con buona pace della forte compagine siciliana, così come di scrittrici del calibro di Lalla Romano (Demonte, Cuneo), Anna Maria Ortese (Roma), Natalia Ginzburg (Palermo), Fausta Cialente (Cagliari), e a questo punto sarebbero d'obbligo utilizzare i rassicuranti e rincuoranti puntini sospensivi.
Elsa Morante
E' possibile spiegare queste omissioni solo con un atto di deliberata disattenzione nei confronti della letteratura del Sud? Del resto dare eccessiva importanza a una presunta identità territoriale non contribuisce certamente all'arricchimento della conoscenza della cultura del nostro paese, anche se è vero che la componente regionalistica della letteratura italiana ha prodotto, fin dagli esordi, esiti piuttosto importanti. Credo però che le omissioni che caratterizzano il testo delle Indicazioni nazionali lascino trasparire qualcosa d'altro. Sono la spia della superficiale trascuratezza dei nostri tempi, che si riversa su tanti aspetti del vivere quotidiano e che, a maggior ragione, colpisce letteratura e cultura in generale. In un elenco ad uso di insegnanti e studenti basta allora inserire qualche nominativo, perché così va fatto e purché tra quei nomi ci sia questo o quel poeta di cui si è sentito parlare ultimamente, di cui è utile che i giovani abbiano qualche (distratta) informazione. In una società infatti dove il disinteresse e l'incuria nei confronti del patrimonio culturale sono all'ordine del giorno, le omissioni possono diventare pane quotidiano.



lunedì 5 marzo 2012

I poeti non amano il web


I filosofi americani hanno da tempo scoperto l'importanza dei blog. A questo argomento è stato dedicato un incontro durante l'ultima conferenza annuale della American Philosophical Association. Lo racconta Antonio Sgobba su La Lettura del Corriere della Sera di domenica 26 febbraio. Per Andrew Light, direttore del Center for Global Ethics, i filosofi hanno lasciato il posto agli economisti nella discussione sui fondamentali temi dei valori e dell'etica, ma “attraverso i blog la filosofia può reclamare il vecchio posto nel dibattito”. Sgobba lamenta la pressoché totale assenza dei filosofi italiani dalla rete: tra i quaranta autorevoli partecipanti all'ultimo Festival della mente di Modena, non c'è nessuno che abbia attivo un blog o un profilo twitter. L'unico filosofo italiano blogger vive a New York e scrive in inglese. Si chiama Massimo Pigliucci e dice: “Con un blog posso raggiungere un pubblico che normalmente non si interesserebbe alla filosofia”.
Basta una rapida indagine per scoprire che la riluttanza a servirsi dello strumento della rete non riguarda solo i filosofi. Nessuno fra i maggiori poeti italiani utilizza lo spazio che il web rende disponibile per far conoscere i propri versi o per avvicinare i lettori alla poesia o ancora per far sentire la propria voce su quanto accade nel mondo. Nel web in effetti proliferano i siti di poesia e di letteratura in genere, ma solo raramente sono occasioni di riflessione e confronto, mai si tratta di blog di poeti affermati. I siti web dei poeti, quando ci sono, e succede veramente di rado, non sono aggiornati. Insomma i poeti italiani non amano il web, forse non rendendosi conto che così rinunciano a uno straordinario strumento di comunicazione e di diffusione della poesia.
Per molti poeti italiani la poesia è ancora un oggetto sacro, che non va contaminato. E' qualcosa di spirituale e impalpabile, di troppo delicato perché possa trovarsi a contatto con altre forme di comunicazione. In questo modo però i poeti non possono reclamare alcun posto nel dibattito. La poesia è libera da ogni forma di contagio, ma risulta distante e poco raggiungibile, quindi incapace di parlare a molti.