sabato 4 gennaio 2014

La poesia non si vende

Wisława Szymborska
La poesia non si vende. Sembra non sia possibile cominciare un discorso sulla poesia prescindendo da questa affermazione. Lo fa oggi su Repubblica Walter Siti, ricordando, proprio ad inizio di articolo, che “la poesia è un'aria depressa”. Pochi gli editori che se ne occupino, e di solito evitando l'impegno di un'accettabile distribuzione, pochi i lettori. Resta però da capire quali delle due povertà sia conseguenza dell'altra.
Siti annuncia che ogni domenica per un anno sulle pagine dello stesso quotidiano rileggerà un classico della poesia lirica. Operazione benemerita, ma che probabilmente non servirà a niente. Perché, come del resto dice lo stesso autore di Resistere non serve a niente (appunto!), gli unici libri di poesia che danno buoni esiti editoriali sono da ricercarsi tra i classici, in particolare tra i poeti più celebrati del secolo scorso. Cioè in buona parte tra gli autori che saranno interessati dal progetto di Siti. Del resto, qualche anno fa lo stesso quotidiano mise in vendita, insieme al giornale, una serie di libri di poesia (partendo, se non ricordo male, da Neruda, ovviamente, Garcia Lorca e Montale). Va da sé che all'interno del quotidiano, anche in quel periodo, era difficile leggere la recensione di un libro di poesia di un autore contemporaneo. Insomma, mi impegno nella diffusione della poesia, basta non sia quella che si scrive oggi.
Walter Siti
La poesia non si vende, ma è pur vero che manca da decenni una seria politica editoriale in proposito. L'impressione è che le collane di poesia, sempre più sparute, dagli editori maggiori siano considerate quasi un obbligo morale o la modalità di contropartita di qualche vantaggio realizzato in altro settore, per cui inutile investirci più di tanto; dagli editori minori siano vissute come un ripiego, un mezzo di sopravvivenza, un luogo, come dice Siti, “dove i poeti se la cantano e se la suonano”.
La poesia non si vende, ma su di essa si investe poco, quasi niente. Eppure basta che Saviano una sera legga la Szymborska in prima serata e le traduzioni italiane della poetessa polacca balzano in classifica a fianco dei soliti Camilleri e Fabio Volo.
Dice Siti che “il pop e il rock hanno raccolto il bisogno inesauribile di musica verbale, di rimare e ritmare le emozioni”. Se questo bisogno è inesauribile, sarebbe necessario capire se ancora qualcuno tra coloro che scrivono poesie sia in grado ancora di rappresentarlo. Chi è tra i poeti italiani che ancora sa parlare ai lettori, che è capace di interpretare l'urgenza di una parola che sappia dire anche musicalmente? La risposta dovrebbero fornirla gli editori, i critici, gli organi di informazione.



2 commenti:

  1. certo la poesia non si vende perchè ci sono troppi che scrivono , troppi editorucoli che pubblicano qualsiasi merdata basta che sia pagata. Naturalmente chi scrive si sente il grande Vate e non desidera leggere niente altro che se stesso, asfissiando chi gli sta vicino, la poesia non si vende semplicemente perchè in tantissimi casi è BRUTTA , una brutta prosa .Per fortuna però ci sono ancora alcuni scrittori che modestamente cercano il verso musicale, cercano di studiare forme e schemi metrici che ridiano fiato ai loro versi, sembra impossibile ma sono tantissimi , all'inizio si nascondevano come dei terroristi e poi piano piano stanno prendendo coraggio e stanno venendo fuori, per loro merito forse la poesia ha qualche speranza .
    Tiziana Curti Accademia alfieri firenze http://accademia-alfieri.it

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    1. Non posso che sottoscrivere quanto lei afferma: tanti di coloro che pubblicano presso piccoli editori non leggono poesia e non l'hanno studiata. A maggior ragione un'attenzione maggiore da parte degli editori potrebbe condurre a un sistema complessivamente più sano.

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