lunedì 5 marzo 2012

I poeti non amano il web


I filosofi americani hanno da tempo scoperto l'importanza dei blog. A questo argomento è stato dedicato un incontro durante l'ultima conferenza annuale della American Philosophical Association. Lo racconta Antonio Sgobba su La Lettura del Corriere della Sera di domenica 26 febbraio. Per Andrew Light, direttore del Center for Global Ethics, i filosofi hanno lasciato il posto agli economisti nella discussione sui fondamentali temi dei valori e dell'etica, ma “attraverso i blog la filosofia può reclamare il vecchio posto nel dibattito”. Sgobba lamenta la pressoché totale assenza dei filosofi italiani dalla rete: tra i quaranta autorevoli partecipanti all'ultimo Festival della mente di Modena, non c'è nessuno che abbia attivo un blog o un profilo twitter. L'unico filosofo italiano blogger vive a New York e scrive in inglese. Si chiama Massimo Pigliucci e dice: “Con un blog posso raggiungere un pubblico che normalmente non si interesserebbe alla filosofia”.
Basta una rapida indagine per scoprire che la riluttanza a servirsi dello strumento della rete non riguarda solo i filosofi. Nessuno fra i maggiori poeti italiani utilizza lo spazio che il web rende disponibile per far conoscere i propri versi o per avvicinare i lettori alla poesia o ancora per far sentire la propria voce su quanto accade nel mondo. Nel web in effetti proliferano i siti di poesia e di letteratura in genere, ma solo raramente sono occasioni di riflessione e confronto, mai si tratta di blog di poeti affermati. I siti web dei poeti, quando ci sono, e succede veramente di rado, non sono aggiornati. Insomma i poeti italiani non amano il web, forse non rendendosi conto che così rinunciano a uno straordinario strumento di comunicazione e di diffusione della poesia.
Per molti poeti italiani la poesia è ancora un oggetto sacro, che non va contaminato. E' qualcosa di spirituale e impalpabile, di troppo delicato perché possa trovarsi a contatto con altre forme di comunicazione. In questo modo però i poeti non possono reclamare alcun posto nel dibattito. La poesia è libera da ogni forma di contagio, ma risulta distante e poco raggiungibile, quindi incapace di parlare a molti.   

5 commenti:

  1. Forse occorre tempo per assorbire la grande rivoluzione del web. Forse il web stesso dovrebbe diventare meno caotico, abbassare la sua rumorosità visuale e concettuale per far sentire, distinta e solenne, la voce della poesia.
    Mario Mastrangelo

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    1. Certo la rete è un luogo caotico, ma certe assenze contribuiscono solo ad alimentare il caos.

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  2. Direi che di tempo per assorbire la rivoluzione ne sia passato. Se si prende in considerazione la prefazione di Fantuzzi a "La generazione entrante" si leggerà chiaramente che la rivoluzione è in essere dal 2003; son quasi 10 anni insomma che nella rete vari blog, più o meno attendibili (non voglio entrare nel merito perché sarei di parte), propongono ciò che di meglio è possibile proporre, prendendo a volte delle vere e proprie cantonate, ma non di rado centrando il segno.
    ovvio, i "poeti maggiori" hanno mani in paste in altre faccende. ma quali sono i poeti maggiori? e di quanti lettori possono tenere conto? e i critici altrettanto maggiori cosa hanno capito delle rete?
    il problema è semmai un altro, ossia: chi decide di pubblicare in rete i suoi testi sempre più spesso lo fa da posizioni sicure, blog personali dove è certo di ottenere applausi e focomelici consensi.
    chi invece passa per il blog ormai diventati punti di riferimento confermati sa pure di rischiare attacchi frontali; ma son gli stessi attacchi che una volta si subivano dalle pagine di una rivista.
    insomma, è aumentata l'offerma ma la sostanza non è mutata e la qualità è davvero poca e bisogna sapersela cercare.
    i "poeti maggiori" sono esclusi per posa; pure quelli che potrebbero tranquillamente avvalersi della rete per parlare ai propri lettori.
    non ricordo di avere visto un intervento della Valduga in ret; D'Elia interviene raramente; Magrelli è come Potenza nell'era delle previsioni meteo di Bernacca: non pervenuto!
    la rete è al momento lo spazio per le nuove proposte e soprattutto per i piccoli editori che ancora credono alla poesia e su di essa investono (Fabbri e L'arcolaio, Ladolfi e le sue edizioni, Transeuropa, Smasher malgrado il caos che regge quest'ultima).

    Fabio Michieli

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  3. Grazie, Fabio, del tuo intervento così puntuale e che condivido in buona parte. Hai fatto bene anche a ricordare alcuni piccoli editori che danno spazio (e energie) alla poesia. Aggiungerei anche Raffaelli e qualche altro. Senza di loro tutto sarebbe più difficile. Considero comunque il web uno strumento straordinario per la diffusione, se non della poesia, almeno del pensiero dei poeti.

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  4. Concordo con Fabio sia come autore (smasher) che come collega di Blog. Siamo in una nazione dove la poesia è ancora strettamente legata all'editoria. I poeti "maggiori" permangono in funzione di contratti editoriali e la loro apparizione sul web è spesso di carattere pubblicitario. molti poeti "minori" usano il web ancora in funzione di una visibilità e autoreferenzialità a dir poco autistica che se non è in funzione alla pubblicità di un'imminente "pubblicazione" diventa allora un luogo di consenso generalizzato (pollice su) tale da dire "si ora mi pubblico!" Pochi sono gli spazi di riflessione poetica, anche se devo dire, pochi ma buoni. Per quanto riguarda il paragone con altre nazioni, è come sparare sulla croce rossa. Vivo in provincia di Firenze e non ho alcuna connessione se non tramite una chiavetta che tengo appiccicata alla finestra per avere le due minime tacche per mandare, ricevere mail o rispondere velocemente a post come i tuoi. Aggiungo anche una piccola casa editrice coraggiosissima di Varese "abrigliasciolta" che non vive solodi web o di solo editoria ma soprattutto di eventi sul territorio, di incontri, di scambi.
    Jacopo Ninni

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