L'avviso arriva da Lau
Lai, “il più bello di tutte le Hawaii”, un pesce dalle “strisce
giallissime e blu”. Tutti gli uccelli si ritroveranno, come avviene
ogni cento anni, in un posto prestabilito, “un luogo adatto a loro
ma chiuso / per loro sempre in volo, sconfinati, / un luogo umano,
questo è il loro uso”.
Comincia da questo
annuncio L'incoronazione degli uccelli nel giardino,
ultimo lavoro poetico di Roberto Mussapi, tra i maggiori poeti degli
ultimi decenni, che compone un poema, intervallato da brevi prose,
espressamente dedicato ai più giovani. L'impressione comunque è che
Mussapi si rivolga ai ragazzi, ma perché questi invitino alla
lettura anche genitori, zii e fratelli più grandi, tutti alla
scoperta di un mondo accessibile solo attraverso lo sguardo
trasognato e particolarissimo dei più piccoli. In effetti, come
sempre avviene quando un poeta rivolge la propria attenzione
all'infanzia (e vale appena ricordare l'esempio di Stevenson, o più
vicino a noi quello di Alfonso Gatto) i versi finiscono per essere
depositari di qualche verità che non sempre l'arte rivolta agli
adulti riesce a confessare con uguale immediatezza e semplicità.
Gli uccelli si
incontreranno tutti in un giardino di una casa di Milano e lì
eleggeranno il loro nuovo re, che succederà a Bubo Bubo, il gufo
reale che sceglierà tra i vari candidati chi è in grado di svolgere
un ruolo così impegnativo, “essere re del falco e del fagiano / di
tutto ciò che vive tra la terra e il cielo”.
Ma come fanno a parlare
i pesci, da sempre esempi di mutismo? Con le bollicine naturalmente,
in un linguaggio che noi, che pure discendiamo dai primi abitatori
del regno del mare, abbiamo dimenticato. Ma, sottolinea Mussapi, “è
una cattiva abitudine dell'uomo credere inesistente tutto ciò che ha
dimenticato”. Incassata questa prima sentenza, ci poniamo subito
una nuova domanda: come mai vanno così d'accordo i pesci e gli
uccelli? Mussapi risponde così: “Be', è ovvio perché sono belli.
/ Ma non basta ci sono pescioline / che sono belle ma fanno le
veline... / Non basta essere belli, è necessario / avere in sé quel
dono straordinario / di fondere il silenzio con il canto, / quel dono
che suscita l'incanto / in noi umani e ci fa ricordare / qualcosa che
abbiamo smesso d'imparare...”. E il “dono straordinario” di
fondere canto e silenzio, non è forse prerogativa della poesia? E
non è caratteristica dei versi sondare territori sconosciuti, gli
abissi dei mari e l'impalpabilità dei cieli, mentre a noi “che
camminiamo a livello dei buoi” è destinato un orizzonte
circoscritto? Infatti “se esistesse un poeta perfetto / saprebbe
fondere in versi il duetto / tra il silenzio dei pesci, le parole
mute / che narrano storie lontane e perdute / e il canto degli
uccelli, l'inno gioioso / alla vita nel cielo, a quel mondo radioso”.
L'attenzione al mondo
degli alati non è nuova per Roberto Mussapi, che nel 2008 aveva
pubblicato Volare, un testo
tra il saggio e la prosa d'autore alla scoperta del rapporto tra i
poeti e gli uccelli, sull'affinità “che unisce nel canto i più
antichi e spericolati custodi dei sogni dell'uomo e i più manifesti
e misteriosi messaggeri del cielo”. E' nell'introduzione a quel
libro che Mussapi confessa di aver sempre desiderato comunicare con
gli uccelli, e fa riferimento al suo piccolo giardino di Milano dove
“si danno convegno uccelli di ogni tipo”. E dove dunque è
possibile ritrovare molti dei protagonisti del poemetto, compresa “la
gatta obesa della vicina”, assassina del merlo con cui il poeta è
solito tentare di intraprendere un dialogo.
Il
bel poemetto di Mussapi, quasi interamente in endecasillabi, con
largo uso della rima, ha per protagonisti il pesciolino di origine
orientale Thimothymoore e Marrascabeddu l'allocco, Burbage,
l'usignolo che “si annulla quando canta l'Infinito” e
Thomascarugate, “il gabbiano sportivo e famoso / per i suoi viaggi
e le sue regate”, il re Bubo Bubo e il suo predecessore Samuelcook,
“un re leggendario, a partire dal look”. Nella grande festa che
si svolge nel giardino di Milano il 10 agosto, ad essere prescelto
alla fine sarà uno tra i più umili dei volatili, il passero, più
vicino agli uomini, che “conosce per esperienza pianti e pene” e
“cinguetta timido ma indefesso al mattino / portando all'uomo che
si sente solo / come in un sogno la vita del giardino”.
E
chissà che all'inaspettata incoronazione, dopo la rinuncia della
rondine Nefertì, non abbia giovato la parentela con il passero
protagonista della poesia “Dialogo” di Giovanni Pascoli, che
trascorre l'inverno accanto al casolare, mentre la rondine partita in
cerca dei palmizi di Gerusalemme non sa la gioia “scilp
– della neve, il giorno che dimoia”.
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