
Non so perché, ma mi ha
sempre stupito che Saba abbia utilizzato il verbo voltare (“se
volti in prosa”). Mi fa pensare ai cappotti e agli abiti che, al
tempo in cui Saba scrive (marzo 1945), si voltavano appunto per
riadattarli usando il lato meno consumato. Ma il verbo voltare
mi fa pensare anche ad altro. Ad esempio che significa anche girare,
che è quello che fa la poesia in continuazione, gira, volta, cioè
va a capo. E il segno dell'andare a capo (un tempo l'unico modo
consentito dalle regole della versificazione, quello comunque che si
ricorda con maggiore facilità e che più facilmente ci fa pensare
alla fine di un verso) è appunto la rima.
Il verbo italiano deriva
dal latino volvere, attraverso
la forma intensiva volutare.
Ma quando si volta, può anche accadere che si ritorni. Infatti in
spagnolo volver
significa sì voltare, ma anche ritornare. La rima in fondo fa
proprio questo: sembra interrompere una traiettoria, voltare verso un
luogo nuovo, eppure finisce per tornare sul significato, semmai
offrendo una nuova prospettiva.
Nella
città dove abito, tornare di casa
significa andare a vivere in una nuova abitazione. “Sono tornato ad
abitare in via...” significa cioè che da poco ho traslocato in
via..., dove non avevo mai vissuto prima. In questo caso tornare
in un posto vuol dire praticamente il contrario di quello che sembra
voler dire, cioè andare ad abitare in un luogo dove non ho mai
abitato.
La
rima, nei casi migliori, produce questo effetto. Volta, si allontana e torna. Ma il luogo
dove ci conduce, quello che appare dopo la svolta, è insieme
conosciuto e nuovo. La rima ha prodotto il prodigio di condurci in un
luogo ignoto, a volte misterioso, nel quale però ci sembra di fare
ritorno.
A mio avviso, la rima a volte banalizza i concetti.
RispondiEliminaMi sembra che si sentano in giro tanti concetti banali che non sono in rima...
RispondiEliminaVoltare...lo trovo bellissimo, voltare contiene il suono del volo e del gesto del girare la pagina, si...mi piace!
RispondiEliminaSilvia
Wow..
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