Ad evitare ogni impatto
con preoccupanti quanto inutili previsioni sul nuovo anno e con
catastrofismi d'ogni provenienza, converrebbe fare come il poeta Izet
Sarajlic, che mi firmò una dedica ad un suo libro contrassegnandola
con la data 1999 + 2.
Ho avuto la fortuna di
conoscere Sarajlic alla fine del 2001 (1999 + 2, appunto). Era un
uomo di straordinario carisma, un grande conversatore anche in
italiano, lingua che non conosceva bene, un lottatore e un
passionale, tanto da essere stato uno dei pochi intellettuali a non
avere abbandonato l'amata Sarajevo, pur avendone avuta la
possibilità, nei giorni terribili del conflitto che straziò la
città.
Sarajlic è stato uno dei
più grandi lirici europei del Novecento e, come spesso avviene per i
poeti delle culture dell'est europeo, declamava con grande abilità e
forza le sue poesie. Su un palco, al tavolo di un'osteria, durante un
incontro informale o un reading, incantava immediatamente
l'ascoltatore, che lo seguiva rapito e commosso. E' facile
verificarlo attraverso la bella edizione con cd audio delle poesie di
Qualcuno ha suonato edita da Multimedia. La sua poesia del
resto è destinata a creare emozione, a turbare e affascinare
(accettando cioè di non avere paura di quei sentimenti che la poesia
italiana di questi anni tende, non si sa perché, ad evitare).
In quei giorni di
novembre del 1999 + 2, la presenza degli amici (a Pistoia, in
occasione di una manifestazione di poesia, c'erano anche Sinan
Gudzevic, Josip Osti, Sergio Iagulli) lo rincuorava e rendeva
sopportabile la stanchezza, che pure si leggeva sul suo volto.
Izet Sarajlic era un uomo
del Novecento, che avrebbe voluto fermare il tempo. Il suo personale
e quello di tutti. La sua poesia guarda spesso al passato come a
un'epoca felice, comunque meno vana e tracotante. Sarajlic sapeva che
il nuovo millennio si sarebbe trascinato per qualche tempo senza
passioni e identità, impegnato nella ricerca infruttuosa di
un'immagine meno sbiadita di se stesso. E dunque, a partire dal
Duemila, aggiungeva unità all'ultimo anno del Novecento.
Il conteggio degli anni
in fondo è frutto di una convenzione, così come ogni altra
informazione che non appartiene al regno della natura ma a quello
degli uomini. Per cui potremmo provare a utilizzare la numerazione
introdotta dal poeta Izet Sarajlic e augurarci un felice 1999 + 13!
Io lo faccio anche
attraverso questa sua poesia.
Felice
Anno Nuovo
Ne
ho già abbastanza di questi “Felice Anno Nuovo”!
Possibile
che la razza umana non capisca
che
gli anni più felici sono ormai passati?
Per
me personalmente gli anni più felici
sono
stati quelli tra la vittoria sul fascismo
e
la licenza media di Tamara.
Dello
splendore di quegli anni
vivo
ancora oggi.
(da
Qualcuno
ha suonato,
traduzione di Sinan Gudzevic e Raffaella Marzano, Multimedia
edizioni)
bellissima! mi piace molto, grazie
RispondiElimina