Secondo Francis Ford
Coppola qualcosa è veramente cambiato nel cinema “il giorno in cui
invece di chiederci se un film era bello, abbiamo cominciato a
chiederci quanto aveva incassato”. Da qualche anno la ricerca del
successo commerciale ad ogni costo, non riguarda solo il cinema, ma
anche la produzione letteraria, in particolare sul versante
narrativo. Editor e agenti sono diventati fondamentali nel
determinare le scelte delle case editrici, sempre meno interessate al
risultato artistico. Come spiegare altrimenti il proliferare di
romanzi, i cui autori sono volti noti in settori diversi dalla
letteratura, e da quei mondi prestati alla narrativa? Soltanto nelle
ultime settimane hanno visto la luce le opere narrative di Massimo
Gramellini, Carlo Verdone, Flavio Insinna, Ligabue, Francesco
Guccini, e degli immancabili Fabio Volo, Veronica Pivetti, Alba
Parietti.
Niente di male, verrebbe
da dire, se tutto questo non coincidesse con un evidente scadimento
del livello medio della narrativa italiana, più impegnata suo
malgrado a vendere (e dunque ancor prima, giustamente, a farsi
pubblicare) piuttosto che a cercare di dire qualcosa. Viene da
chiedersi se oggi avrebbero accesso alla pubblicazione autori come
Landolfi e Pavese, Ortese e Morante, Pasolini e Bassani, o se invece
si troverebbero a combattere contro l'opera censoria e la riscrittura
di un agguerrito nugolo di editor.
Ve lo immaginate ai
nostri giorni Livio Garzanti che cerca in tutti i modi di convincere
il riluttante Gadda a pubblicare il Pasticciaccio? Insomma è
chiaro ormai che fra gli addetti ai lavori nessuno si chiede se un
romanzo è bello, ma quanto possa vendere. L'importante perciò
diventa rispettare certe regole che puntano al gradimento da parte
del lettore, condire la storia con i giusti ingredienti, non essere
troppo noiosi ma nemmeno esageratamente superficiali.
Del resto, se a
pubblicare i libri di cucina non sono più i cuochi, ma le
presentatrici televisive, perché stupirsi se a scrivere i romanzi
sono i cantanti? Resta da capire perché i narratori non comincino a
cantare.
se i cantanti si mettono a scrivere romanzi ciò potrà significare che non verranno più chiamati "poeti"?
RispondiEliminaFabio Michieli
A questo in effetti, Fabio, non avevo pensato: mi sembra un'ipotesi interessante...
Eliminasul fatto che i narratori comincino a cantare, poi, mi viene in mente una biografia su Bigazzi sulla quale mi sembra sia calato un equo silenzio...
Eliminanon infilerei Gramellini nella lista, però: se non altro lui è giornalista e non è raro che un giornalista a un certo punto diventi romanziere in Italia, almeno da 30 anni a questa parte.
c'è da dire comunque che se questi novelli Proust scrivono come presentano i propri libri nelle varie interviste... si salvi chi può
Fabio Michieli
Per quanto riguarda Gramellini, l'ho inserito nell'elenco per il fatto che si è trovato subito in testa alla classifica dei libri più venduti. Certo non sarebbe successo se non fosse un volto televisivo piuttosto noto. Come sai, non mi scandalizzo se un buon libro viene pubblicizzato anche attraverso lo strumento della televisione, è il contrario che mi preoccupa: cioè quando si diventa scrittori per meriti televisivi.
EliminaPurtroppo per noi e per fortuna di molti degli improvvisati scrittori è aumentato in numero esponenziale dei ghostwriter che per poche migliaia di euro scrivono a richiesta, quindi scrivere qualcosa di decente è davvero alla portata di tutti!
RispondiEliminaPurtroppo, è proprio così.
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