Sonya Orfalian racconta
da sempre l'Armenia, la terra sua e dei suoi avi, il paese dove non è
nata e non ha mai vissuto. Sonya non ha neppure mai visto quei
luoghi, così invadenti nella sua carta d'identità di artista e di
donna. Ma non c'è in questa esperienza negata nessun mancato abbraccio e nessuna contraddizione. Si può infatti essere parte di un
popolo, avvertire forte il legame con un territorio, provare per la
propria patria un sentimento che scuote e a volte devasta, anche
quando i tratti e i colori di un paese sono solo una traccia che
arriva dal passato e che non appartiene direttamente al proprio
vissuto.
Sonya Orfalian non
conosce la terra d'Armenia, che pure ama e di cui scrive e parla con
passione: i suoi genitori furono costretti a trovare rifugio
all'estero, in Libia, e poi da Tripoli a trasferirsi in Italia,
vittime di quel genocidio (dimenticato e dunque, in qualche modo,
replicato) che, se anche non li privò della vita, come invece
avvenne per un milione e mezzo di connazionali, doveva però
irrimediabilmente segnare le loro esistenze e quelle di centinaia di
migliaia di armeni.
I luoghi possono
alimentare il sangue e la mente, riempire i sogni, anche di coloro
che non vi hanno mai vissuto. I paesaggi si formano attraverso i
racconti degli altri, negli sguardi in cerca di punti d'approdo dei
genitori e degli amici. Il passato, anche quello spezzato dalla
immane violenza di un piano di sterminio, si ricompone poi
timidamente nei gesti e nelle consuetudini, nella lingua e nei cibi
di chi prova a ricostruire in un luogo lontano il proprio passato
individuale e di popolo.
Un libro di gastronomia
(La cucina d'Armenia, Ponte alle Grazie) diventa allora il
modo per tentare un viaggio a ritroso. Sonya Orfalian riannoda i fili
della storia della propria gente attraverso i piatti e i cibi, ma
anche i movimenti e le frasi che si compongono intorno a una tavola.
Sono gesti sapienti e parole nella lingua di chi è ormai lontano e
prova a tenere saldo un legame. Dal libro, pubblicato nel 2009, nasce
ora lo spettacolo teatrale Una cena armena, scritto da Paola
Ponti e portato in scena da Danilo Nigrelli.
La repubblica d'Armenia,
nata dal disfacimento dell'impero sovietico, è solo una parte del
più grande territorio una volta abitato dagli armeni. Sonya Orfalian
non troverebbe in Armenia la casa dei suoi nonni, i luoghi che hanno
fatto da sfondo alle vicende narrate da genitori e nonni, i sapori e
gli odori che poi avrebbero riscaldato i cuori e le cucine dei
profughi.
La sua Armenia si compone
delle vite degli esuli disperse per il mondo, dei loro racconti, dei
cibi che davano consistenza alla loro memoria. E' un luogo che non
esiste nella realtà, una nazione viva e trepidante grazie alle sue parole.
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