La
poesia di Alessandro Fo si muove con rapida e stupefatta delicatezza
tra le vicende del mondo, che tenta sempre inizialmente di risolvere
nella linearità del racconto. Ma, come avviene nella lirica di
Sereni, non appena il filo narrativo sembra cominciare a dipanarsi, e
ad assolvere alla sua funzione ordinatrice, subito qualcosa (un
pensiero laterale, un gesto inaspettato, lo sguardo che si posa su un
oggetto apparentemente senza importanza) lo porta in altra direzione,
lo spinge verso prode impreviste. Ne derivano preziose quanto
pericolose sovrapposizioni di senso, che fanno sì che il lettore si
trovi dinanzi una realtà pencolante, in fondo poco rassicurante
anche se presentata con i toni della leggerezza e della sobrietà,
dentro cui muoversi con l'occhio sorpreso di chi scopre dietro
l'ordinarietà degli eventi l'incanto e la magia.

Perché
in fondo la poesia di Fo, che si proponga sotto forma di preghiera,
come nella prima sezione della raccolta, o che penetri con grazia
all'interno del miracolo della musica di Chopin, come accade nella
sezione che ha titolo Il tono blu (Variazioni Chopin), è
sempre alla ricerca di quel particolare che manca alla realtà per
definirla, quella zona celata ed ambita che sappiamo esistere in
qualche luogo e in qualche forma, perché fa parte indiscutibilmente
delle nostre esistenze, e da cui però ci sentiamo irrimediabilmente
separati. La parola ha dunque il compito di svelare e di riportare in
vita, di consolare e di mettere in evidenza le parti che mancano, di
dare concretezza a ciò che è impalpabile. E' quanto avviene nella
preghiera. Solo che quella declinata da Alessandro Fo è orazione
tutta impregnata di una religiosità laica e mondana, sia pure
composta in una pietà sincera e devota: “E
non è cosa meno incredibile il pensiero, / a pensarlo davvero, /
questo nulla che si fa verbo e moto, / il corso di parole / che
esercita il diritto / di pronunciarsi muto / e sfocia qui trascritto,
// l’immateriale / dentro il materiale / – o forse nel suo vuoto
// – come la Grazia, / nel suo corpo mortale”.
Nei
versi di Mancanze vita
e morte dialogano incessantemente, così come si rincorrono i
volti delle persone care con le presenze di angeli (a
loro è dedicata un'altra sezione del libro), che possono anche
essere figure intraviste, apparizioni destinate a svanire, delle
quali poi si potrà sentire appunto solo il peso dell'assenza. Gli
angeli delle poesie di Fo, che denunciano uno stretto grado di
parentela con le fanciulle e i ragazzacci di Saba, sono creature
terrene nelle quali bene si rappresenta l'evanescenza della realtà,
il senso del miracolo, la consapevolezza di qualcosa che abbiamo
perduto e di cui sentiremo per sempre la nostalgia (“Né
lei, probabilmente, / saprà mai quanto
deve / alla sua veste il minimo bagliore / che ne riflette forse
questa via / d’inchiostro e carta in metrica: // ispira diffidenza
la poesia, / non convince la delicatezza, / poca gente è all’altezza
dell’affetto, / quasi niente è il rispetto dell’amore..”).
Così
il poeta, riducendo in sintesi il rilievo attuale della propria
esistenza, scrive: “Una minima scia / che già si spegne / resta,
se resta, lontana in qualche mente / su cui mi sporgo ancora come
aneddoto / legato a una passata professura / o come inesplicabile
fessura / di nostalgia per un compagno assente. / Ma lentamente la
figura che una volta / parlando in me si dava nome 'io' / collimerà
in rima piena con oblio”.
Fo,
che insegna Letteratura Latina all'Università di Siena e ha
recentemente curato e tradotto l'Eneide sempre per i tipi di Einaudi,
predilige un linguaggio semplice e un tono leggero, velatamente
ironico, senza che questo però significhi rinunciare alla
complessità, ma anzi lasciandola emergere con più forza proprio
dove l'ordinarietà sembra prevalere. A questo proposito, i versi
dedicati a Chopin possono diventare una sorta di dichiarazione di
poetica: “Il
valzer in do diesis / minore (opera 64, 2)
/ sembra in contraddizione. / Appassionata, eloquente confessione /
molto espressiva, come per raccontare… // … e poi prende la pena,
/ la volge in leggerezza” o ancora “… come possono valzer cosí
tristi / giungere a donare tanta gioia?”
Pubblicato su succedeoggi.it
Nessun commento:
Posta un commento