Nell'articolo di apertura
dell'inserto domenicale del Sole 24 ore del 13 ottobre si dà conto
con notevole e speriamo meritata enfasi di un progetto didattico
pluridisciplinare che verrà attuato presso il liceo classico “T.
Tasso” di Roma, attraverso il quale verranno proposti agli studenti
la lettura e l'analisi del primo libro degli Elementi di
Euclide. L'obiettivo è quello di indicare una strada che possa
offrire nuova energia e nuovi argomenti ad una tipologia di liceo che
si sta misurando negli ultimi anni con un vistoso calo delle
iscrizioni. Il presupposto è semplice: superare l'idea che la
formazione classica sia di fatto obsoleta, contribuendo a ripensare i
termini di quella divisione che nel nostro paese ha contrapposto da
secoli le “belle lettere” al mondo e alle acquisizioni della
scienza.
Dell'articolo firmato da
Lucio Russo vorrei però sottolineare soprattutto il passaggio dove
si sostiene che esiste un legame tra metodo dimostrativo euclideo e
democrazia, e come tale procedimento di pensiero risulti fondamentale
per una corretta ed efficace metodica didattica. Insomma non dare per
scontate le conoscenze, ma ricavarle dai fatti e dai ragionamenti,
aiuta al confronto, educa alla democrazia, cose che tra i banchi di
scuola si traducono in stimolo alla riflessione.
“Lo studente abituato a
esercitare lo spirito critico – scrive Russo – riconoscendo come
vere solo le affermazioni dimostrabili è infatti posto sullo stesso
piano del maestro e può correggerne gli errori, mentre
l'eliminazione delle dimostrazioni non può che condurre a una
didattica di fatto autoritaria”.
L'arretramento educativo
degli ultimi anni di cui è protagonista la scuola italiana ruota
proprio intorno a questa questione. L'eccessiva burocratizzazione
dell'insegnamento sta producendo una semplificazione dei processi
comunicativi docente – allievo. Chi insegna spesso vuole apparire
depositario di un sapere che deve essere recepito senza troppe
discussioni: l'avversione a mettere in gioco conoscenze e nozioni è
giustificata dal timore della perdita di autorità, della perdita di
tempo, della perdita di un'aureola di sacralità che la cultura,
quando entra tra le aule scolastiche, vuole ad ogni costo preservare.
Quello che veramente si perde è invece la possibilità di dotare i
giovani degli strumenti necessari a ragionare, a dubitare, a provare
la forza del proprio pensiero.
Ciò che rende differente
la scuola di oggi da quella di tre o quattro decenni fa è la volontà
a perimetrare la conoscenza entro confini preventivamente stabiliti,
a fornire certezze senza spiegare i ragionamenti che le hanno rese
possibili.
Se la scuola deve fornire
cultura, e la cultura è sempre capacità di proporre domande e
risposte attraverso uno sviluppo di pensiero rigoroso e manifesto,
allora ben vengano i progetti che tentano di ridurre la frattura tra
discipline umanistiche e scientifiche. Ci soccorra insomma la
geometria di Euclide!
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