Insomma,
qualcuno mi chiede, ti piace o no il registro elettronico nelle
scuole? E le pagelle? Serve a qualcosa il "Piano
per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia
di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità
dei docenti, del personale, studenti e famiglie", come
pomposamente e burocraticamente viene denominato l'ingresso ufficiale
dell'elettronica nelle scuole dello Stato?
Mi
piace, a qualcosa serve, rispondo. Non si può andare avanti, facendo
finta che internet sia solo un'ipotesi in un racconto di Asimov, che
la bic nera sia più dignitosa di una tastiera, non è possibile
continuare a vedere gli insegnanti di lingue che sfoggiano
mangianastri vintage come preziosi supporti didattici. Ma
proprio per questo mi sembra non ci si possa fermare a registri e
pagelle, e che anzi se tutta la rivoluzione consistesse, come dai
giornali appare, nella possibilità offerta ai genitori di verificare
da casa presenza e performances dei propri figli, essa avrebbe il
valore di uno starnuto durante la stagione invernale.
Il
giusto obiettivo dell'efficienza viene tradotto, nella scuola
italiana di questi anni, in un'attività da questurino e nel
controllo esasperato della quisquilia. L'importante è che i ragazzi
siano fermi al loro posto, che i genitori siano avvertiti in tempo
reale di ogni inadempienza dei loro figli, che tutto risulti
blandamente nell'ordine stabilito. Della qualità dell'insegnamento
si può anche fare a meno, dell'efficacia del percorso educativo
anche: basta che siano salve le procedure burocratiche.
L'elettronica
nelle scuole dovrebbe dunque servire a mettere un freno ai ritardi e
alle assenze, a evitare giustificazioni taroccate, a rendere più
difficili le false informazioni sulle prestazioni scolastiche dei
ragazzi. Si offre in questo modo l'immagine della scuola come di un
luogo dove gli studenti guadagnano punti se riescono a prendere in
giro gli insegnanti, e l'insegnante acquista merito se riesce a
smascherare i sotterfugi, a sbaragliare complotti orditi a danno
proprio o dell'istituzione. La fiducia, il dialogo, lo scambio libero
e adulto delle idee? Roba d'altri posti. La scuola stimola gli alunni
perché applichino questi valori nel mondo reale: in quello virtuale
scolastico-informatico si dà per scontato che serve essere furbi,
trovare l'espediente giusto, agire con malizia.
Insomma
mi piacerebbe che l'elettronica non si limitasse al registro, che la
tecnologia informatica non servisse a controllare, ma fosse uno
strumento educativo consono ai nostri tempi e al mondo dei ragazzi.
Sarei felice si parlasse di quanto potrebbe risultare vantaggioso e
proficuo utilizzare l'informatica per lo studio della geografia e
della storia, delle lingue e della letteratura italiana. Ma come si
fa, se mancano anche i pennarelli per scrivere sulle lavagne e delle
lavagne interattive multimediali si riesce a far uso solo dopo
accurate strategie di aggiramento e interminabili iter di
prenotazione? Nella scuola dove insegno almeno l'era del gesso è
stata superata, ma le lavagne interattive sono in numero di due per
oltre millequattrocento studenti. Mi accontento: credo che una
lavagna multimediale ogni settecento allievi costituisca una media
ben al di sopra di quella nazionale.
Sono perfettamente d'accordo con la tua riflessione.
RispondiEliminaE’ il primo giorno di scuola dell’anno scolastico 2050, nella 1a B, al posto della cattedra vi è, integrato nella parete, un enorme monitor 3D touch screen a colori che, sempre collegato in rete, utilizza il “web semantico”; la porta dell’aula è un sofisticatissimo child-detector; al suo passaggio ogni alunno viene automaticamente scansionato e riconosciuto in base alle caratteristiche fisiche attingendo al database dell’istituto; in meno di un secondo un voce metallica ne enuncia le generalità e lo cataloga come presente facendo illuminare sul monitor un’icona con la sua immagine; parte un’avviso acustico, tra tutte, tre icone con le relative foto lampeggiano in rosso; sono tre assenti; il child-detector si apre, entrano due vecchi, distinti signori, ultimi esponenti di una categoria una volta molto in auge, portano sulla divisa blu una targhetta con su scritto “evasione scolastica”; rivolgono il dito indice verso le icone lampeggianti, compare l’indirizzo degli assenti; si apre la finestra di Google Maps, un omino giallo si muove veloce lungo il percorso indicando le strade da seguire per arrivare fin sotto la loro abitazione; sono i vecchi i professori! Sono stati sostituiti nella loro funzione dal “Mega Professore Virtuale”, il super cervellone elettronico che occupa tutto il 10° piano del Ministero della Pubblica Istruzione di Massa, perché non erano stati capaci di adeguarsi alle nuove tecnologie; quei pochi rimasti, in attesa della pensione, sono stati riconvertiti nell’apposita sezione del MINPIM “dispersione scolastica” ………….tutto cominciò nel lontano 2013, il giorno in cui nelle aule fecero, per la prima volta, la loro comparsa i registri elettronici e le lavagne multimediali!
RispondiEliminaUscendo fuori dagli schemi precedentemente adombrati di futuristici scenari negativi e riportando il discorso all’oggi, non si può che non essere d’accordo sull’introduzione di nuove tecnologie nella didattica scolastica, registro elettronico, lavagne interattive, computer e tablet; il problema che ci si pone è se la scuola italiana e soprattutto i docenti siano pronti a recepire queste innovazioni; sembrerebbe di no! In primo luogo perché le dotazioni di questi presìdi assegnati ad ogni struttura scolastica, un paio si lavagne per ogni istituto, qualche computer per classe, sono numericamente inadeguate; in secondo luogo perché in una situazione di grave carenza di fondi sorge il ragionevole dubbio sulla seria fattibilità di questa strategia “one to one computing”, un computer per ogni studente, un notebook o un tablet per ogni professore, un router centralizzato, etc: etc; sembra più che altro un bel libro dei sogni soprattutto se consideriamo il fatto che particolarmente in certe realtà del Sud fino a poco fa, forse ancora oggi, i docenti di alcuni istituti erano costretti a fare collette di pochi euro ciascuno per comprare almeno il materiale cartaceo necessario e i genitori dovevano farsi carico dell’occorrente per la pulizia dei locali! In quante scuole è attivo il collegamento veloce adsl? Sono state distribuite oltre trentamila lavagne multimediali, ma non ci si è preoccupati di far partire negli stessi istituti il collegamento ad internet, per cui si assiste al paradosso, constatato anche personalmente, di lavagne ancora incellofanate nel loro imballo originale e abbandonate da anni in un angolo di qualche remota un’aula senza che qualcuno si fosse premunito di attivare un qualsiasi collegamento alla rete. Un ulteriore aspetto da considerare concerne il fatto che nell’approccio a queste nuove tecnologie mediatiche esiste un innegabile, abissale divario di conoscenza tra gli alunni e i docenti, un gap tutto a favore dei primi; esiste una fascia di docenti che dimostrano una innata idiosincrasia verso le nuove tecnologie o quantomeno un approccio cognitivo estremamente lacunoso e superficiale; alcuni di essi si trovano ancora in difficoltà di fronte ad un computer! Il concorsone ne è stato l’esempio paradigmatico, si sono verificati numerosi casi di docenti che, per questa ragione, o non hanno partecipato o hanno trovato difficoltà (a parte quelle balorde successive) già alla prima domanda: la digitazione del codice fiscale! Di conseguenza questa fascia di insegnanti che si aggirerebbe, secondo recenti statistiche, quasi intorno al 38%, pur avendone la saltuaria disponibilità, riduce al minimo l’uso della lavagna multimediale, in quanto ogni volta si sente sotto esame da parte degli stessi alunni; per molti di loro è difficile, addirittura, tener il passo con questi giovani studenti, alcuni dei quali, anche se autodidatti, passando buona parte della giornata davanti al computer, raggiungono un livello di competenza tale da districarsi di fronte a qualsiasi programma, dalla grafica alla scrittura; sono in grado di costruire siti, di preparare software gestionali, conoscono a menadito programmi di video editing che consentono loro di elaborare filmati multimediali scomponendoli e ricompattandoli a piacimento, postandoli, poi, sui social network; per cui si arriva al punto che il povero docente è costretto a farsi affiancare dagli studenti più bravi e a farsi aggiornare sulle continue innovazioni tecnologiche mettendo, in questo caso,in discussione la centralità stessa del suo ruolo.
RispondiEliminaPer quanto concerne , poi, il registro elettronico, lascia qualche perplessità la sua funzione di controllo quasi poliziesco che è possibile operare nei confronti dei ragazzi come la comunicazione automatica in tempo reale della assenza ai genitori tramite e-mail o sms, magari anche in momenti poco opportuni come il periodo lavorativo; è facilmente pensabile che non ci sia da parte dei genitori tutta questa ansia di conoscere, la mattina stessa, il voto avuto dal figlio o la sua eventuale assenza, abituati, come sono, a far decantare sempre certe situazioni che, se confinate in un contesto temporale breve, li possono indurre erroneamente e nell’immediato ad giudizio frettoloso e ad una eccessiva severità; dice Mariapia Veladiano a questo proposito : “anche se il figlio non parla di scuola, con il registro elettronico il genitore comunque "sa" quel che conta. Il voto. L'assenza. Il marinare la lezione. Subito. L'istante che ci domina. Non c'è per il ragazzo quel tempo sospeso tra ciò che capita e il momento in cui se ne deve o può parlare. Il tempo di pensare, il dispiacere per il voto preso, il proposito di rimediare, il dire sì, è un brutto voto, ma con la promessa già pronta: sto studiando, domani mi faccio interrogare. O sperare che l'impulso di una mattina in fuga da scuola non sia scoperto. Capire da sé che non va bene. Poter ricominciare da un voto non scoperto e riparato, da un bigiare di cui ci si dispiace da soli”. Bisogna, poi, anche considerare che la sottintesa convinzione del Ministero che il parallelismo “registro elettronico, zero assenze a scuola” è ancora tutta da dimostrare; e, c’è da giurare, tra l’altro, che certi professori che hanno in gioventù adottato questi stessi comportamenti, sicuramente, non saranno tanto fiscali nell’aggiornamento immediato del registro; magari lo faranno a casa o il giorno successivo; e poi non si capisce perché biasimare questa saltuaria, innocente trasgressione tanto radicata in intere generazioni di studenti e annullare il fascino stesso di un comportamento ammantato da un tale alone romantico da essere ripreso in numerosi film e decritto da diversi poeti come Marino Moretti nella sua splendida poesia “e l’ore ….e l’ore … non passavan mai” che, in passato, veniva fatta imparare a memoria proprio come deterrente alle assenze (anche se nella maggioranza degli studenti difficilmente scattava il rimorso morettiano) o come Emilio Praga nei cui versi si coglie proprio l’anelito a bigiare la scuola quando di fronte al suo “lungo e magro professore di greco” scrive: “fanciullo pallido e sparuto/alle dolci anelavo aure dei campi/e avrei, pei giochi del Sempion, venduto/ e Troia e il suo Cantore”.
RispondiElimina