Richard
Blanco è un poeta di 44 anni. In questi giorni si parla di lui su
tutti i giornali statunitensi. Blanco è stato infatti designato da
Obama quale poeta ufficiale per l'Inauguration day, la
cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti che si
terrà il prossimo 20 gennaio. Blanco, che secondo Obama scrive
poesie nelle quali è profondamente radicato il comune sentimento
americano, leggerà versi composti per l'occasione.
Richard Blanco |
L'interesse
dei media americani è dato dal fatto che Blanco è il più giovane,
è il primo ispanico (è figlio di esuli cubani) ed è anche il primo
gay tra gli scrittori di versi finora prescelti per un incarico così
prestigioso. Ad inaugurare la presenza di poeti ai festeggiamenti per
l'insediamento del presidente fu Robert Frost nel 1961. Sia stata
l'emozione o il sole abbagliante che illuminava quel giorno
Washington e che rendeva invisibile la tenue traccia di inchiostro
che la macchina da scrivere aveva lasciato sul foglio intestato
dell'albergo, sta di fatto che Frost, che aveva allora 87 anni, non
fu in grado di leggere i versi di Dedication scritti per John
Fitzgerald Kennedy, e dovette recitare a memoria The
Gift Outright,
la lirica in un primo momento scelta dallo stesso neo-presidente.
Che
la poesia sia presente in un momento così importante della vita
politica degli Stati Uniti è il segno evidente che essa è
considerata elemento essenziale della vita sociale e culturale della
nazione. I poeti leggono i loro versi sullo scenografico scalone del
Campidoglio: la poesia sembra essere in grado di indicare la
comune strada da percorrere; dice quello che serve e quanto
invece è superfluo per la convivenza degli uomini.
Nel
nostro paese farebbe già notizia la presenza di un poeta in un luogo
istituzionale, durante una cerimonia ufficiale. La poesia infatti ha
trovato radici in territori separati dal vivere collettivo, si nutre
di parole che parlano soltanto a pochi, non vuole, spesso per
supponenza, parlare al potere. Il potere, d'altra parte, non legge
libri di poesia (in gran parte non legge e basta), ritiene la cultura
una vicenda che non riguarda la politica, al pari del gioco degli
scacchi o dell'alpinismo, si preoccupa solo della realtà
nell'illusione di modificarla, e i poeti, si sa, non parlano della
realtà e meno che mai sono in grado di cambiarla.
Sorrido
al pensiero di Saba che legge al giuramento di Einaudi, di Ungaretti
che strabuzza gli occhi sibilando istrionico dinanzi a Saragat, di
Montale che bofonchia sornione mentre Giovanni Leone accenna qualche
sbadiglio. E se fossero stati i presidenti del consiglio a festeggiare il loro insediamento? Non riesco ad immaginare chi avrebbe invitato a leggere
poesie un politico della sensibilità culturale
dell'uomo di Arcore (Bondi? Mariano Apicella?).
Da
noi una lettura di poesie è atto imbarazzante, noioso, assolutamente
avulso dalle vicende della nazione. Meglio il giorno
dell'insediamento invitare una presentatrice tv, un comico, un
calciatore, un attore di fiction.
Anche
nei momenti significativi della nostra vita nazionale, è utile non
pensare.
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