Ho
sempre apprezzato di Raffaele La Capria la fluidità dello stile. Di
fronte a una sua opera letteraria di maggiore spessore, su tutte il
romanzo Ferito a morte, come a uno degli articoli, con i quali
puntualmente sembra sorridere del mondo offrendo una lettura
apparentemente a margine, e invece così inequivocabilmente
necessaria, di eventi già di per sé apparentemente marginali, sono
attratto dal procedere quasi distratto, eppure così preciso e
nitido, dalla capacità di mostrare la complessità in modo lieve,
rappresentandola però senza mezze misure e scorciatoie. Siamo forse
in un guazzabuglio, ma procediamo diritti e sicuri. Insomma, per
usare un'espressione cara allo scrittore napoletano, la sua scrittura
è come una Bella Giornata, una tersa mattinata di sole che fa
più bello il paesaggio e sembra rendere facile adattarsi alle
asprezze del mondo. La Bella Giornata è “anche un'idea di
scrittura – ha scritto recentemente La Capria in un articolo
pubblicato dal Corriere della Sera -, quella della semplicità che
arriva dopo la complessità”.
Per
meglio spiegare in cosa consista questa idea di scrittura, La Capria
torna su un paragone già utilizzato, mettendo a fuoco quello che lui
chiama “lo stile dell'anatra”: “l'anatra che fila liscia sulla
superficie dell'acqua e sembra spinta da una forza astratta, non
fisica, e invece è data dal lavoro delle zampette palmate sotto il
livello dell'acqua, un continuo lavorio delle zampette che però non
si vede, non si deve vedere, come non si deve mai vedere lo sforzo
nello stile di uno scrittore”.
E'
un'idea di scrittura che trovo molto affascinante: esprimere con
semplicità la complessità del mondo, operazione difficilissima e
che richiede costante applicazione e grande fatica, e fare in modo
che il lavoro dello scrittore non risulti visibile, che la scrittura
sembri quasi spinta da una forza astratta. La teoria potrebbe
classificare, senza con questo esprimere giudizi di valore, le
esperienze letterarie degli ultimi decenni.
Se
penso alla poesia italiana della seconda parte del Novecento mi
sembrano dotate dello stile dell'anatra le poesie di Penna e di
Caproni, per fare un esempio tra i più facili, sicuramente quelle di
Cattafi e Valeri, meno il Pasolini poeta, molto più anatra nel
romanzo Ragazzi di vita.
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