
Per
meglio spiegare in cosa consista questa idea di scrittura, La Capria
torna su un paragone già utilizzato, mettendo a fuoco quello che lui
chiama “lo stile dell'anatra”: “l'anatra che fila liscia sulla
superficie dell'acqua e sembra spinta da una forza astratta, non
fisica, e invece è data dal lavoro delle zampette palmate sotto il
livello dell'acqua, un continuo lavorio delle zampette che però non
si vede, non si deve vedere, come non si deve mai vedere lo sforzo
nello stile di uno scrittore”.
E'
un'idea di scrittura che trovo molto affascinante: esprimere con
semplicità la complessità del mondo, operazione difficilissima e
che richiede costante applicazione e grande fatica, e fare in modo
che il lavoro dello scrittore non risulti visibile, che la scrittura
sembri quasi spinta da una forza astratta. La teoria potrebbe
classificare, senza con questo esprimere giudizi di valore, le
esperienze letterarie degli ultimi decenni.
Se
penso alla poesia italiana della seconda parte del Novecento mi
sembrano dotate dello stile dell'anatra le poesie di Penna e di
Caproni, per fare un esempio tra i più facili, sicuramente quelle di
Cattafi e Valeri, meno il Pasolini poeta, molto più anatra nel
romanzo Ragazzi di vita.
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