Su
La Lettura di domenica 20 aprile, Paolo Giordano annuncia che
una serie di scrittori si occuperanno sulle pagine dell'inserto
domenicale del Corriere della Sera di quello che a loro avviso è “un
tema scottante che riguarda la scuola dell'obbligo”, sul quale
avanzare “delle proposte concrete, o per lo meno delle provocazioni
che siano costruttive”. Il primo a intervenire è Eraldo Affinati.
Io
che scrittore non sono, non vivo facendo questo di mestiere, ma bene
o male qualcosa ho pubblicato, insegno da trent'anni e su questo blog
mi sono interessato più volte di questioni scolastiche, cercherò di
dire la mia. Anche io a puntate, settimana dopo settimana.
Paolo
Giordano dice, a ragione, che “quello che abbiamo di fronte non è
un grande paesaggio”. Intende che la scuola italiana è alle prese
con molti problemi, che negli ultimi anni sono andati ingigantendosi.
E' vero. Io però, traducendo in termini reali la metafora del
paesaggio scolastico, voglio innanzitutto parlare proprio del
luogo dove studenti e insegnanti passano parte delle loro giornate.
Insomma il paesaggio delle aule, delle sale insegnanti, dei corridoi,
dei bagni all'interno degli edifici adibiti a scuole.
Negli
ultimi tempi si è fatto un gran parlare della fatiscenza e della
inadeguatezza di tali strutture. Si tratta in buona parte di
costruzioni vecchie, realizzate decine di anni fa, o addirittura nate
con altri scopi e adattate alle esigenze della vita scolastica.
Il
dibattito sui fabbricati si è soffermato sulla loro pericolosità e
non ha tenuto conto della bruttura degli ambienti, quasi sempre
inospitali, soprattutto quelli destinati agli studenti più grandi.
Nessuno di noi gradirebbe passare una parte delle proprie giornate in
stanze dalle pareti sbiadite, che prendono luce da finestroni dagli
infissi tetri, con tende che ricordano quelle esposte in uffici
malridotti degli anni Sessanta, e forse risalgono a quell'epoca. Le
mattonelle, solitamente di foggia diversa appena si passa da un
ambiente all'altro, sono le stesse che hanno calpestato, una dopo
l'altra, generazioni di studenti.
Ma
come di fa a insegnare la bellezza delle opere d'arte e letterarie,
l'esattezza della scienza, come si fa a porsi domande filosofiche e
raccontare il fascino degli spazi diversi dal nostro in un paesaggio
così antiestetico? Chi abita quotidianamente all'interno di queste
strutture non avrebbe diritto ad altro, anche a prescindere dalla
stabilità dei fabbricati e dall'adeguatezza alle norme antisismiche?
Chiunque
dovesse entrare in un bagno come quelli che siamo soliti frequentare
io e i miei alunni, se fosse collocato non in una scuola ma
all'interno di un ristorante, si recherebbe subito dal proprietario
per lamentarsene.
E'
vero, le scuole erano così anche cinquanta anni fa. Ma mentre allora
anche le nostre case erano più brutte, i bar meno accoglienti, i
negozi di abbigliamento, le macellerie, gli studi dei dentisti tutti
abbastanza sgraziati, ora non è più così. Sono diventati più
gradevoli anche gli ospedali e le fabbriche, mentre gli edifici
scolastici continuano ad essere dei luoghi abbastanza disgustosi, nel
senso proprio che mancano di gusto.
Eppure
vivere in uno spazio elegante e confortevole aiuta a essere migliori,
ad apprezzare quello che abbiamo intorno, a trascorrere con più
entusiasmo le nostre giornate. Perciò il mio primo suggerimento, che
non so bene se è una proposta concreta o una provocazione, è
rendere più belle le aule delle nostre scuole, farne del luoghi
accoglienti.
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