Andrea Carraro |
I protagonisti di Come
fratelli sono Andrea e Dario, i due amici che il narratore segue,
con occhio impietoso e sempre partecipe, dalla fine dell'adolescenza
fino alla morte di Dario, fino a quando cioè lo scrittore Andrea
comincia a raccontare la vita dell'amico in un romanzo biografico,
che poi sembra essere proprio quello del quale noi lettori in quel
momento stiamo per terminare la lettura. I due amici sono persone
diverse per carattere ma egualmente inquiete, perennemente in bilico
lungo i margini di un'esistenza che vorrebbero cogliere in tutta la
sua pienezza, ma che crudelmente e inevitabilmente sfugge loro.
Andrea è capace di trovare un proprio equilibrio, anche se questo
comporta la rinuncia ai sogni e alle passioni, ma la smania
inespressa continua a intravedersi sottopelle; Dario insegue
aspirazioni sgangherate e illusorie, ideali tanto attraenti quanto
posticci, fino a diventare un predicatore televisivo di una religione
da lui stesso inventata, che guarda a Xiva come al luogo della
beatitudine e della realizzazione di ogni utopia. Ed è forse proprio
quello dell'utopia, dell'impossibilità anzi di realizzazione di ogni
progetto di trasformazione del reale, per una generazione che ne
aveva fatto il simulacro intorno al quale costruire le proprie
azioni, il terreno sul quale si muovono le storie e le frustrazioni
dei due amici.
Andrea continua a seguire
quasi con accanimento le vicende esistenziali dell'amico, anche
quando la loro fratellanza si frantuma sotto i colpi di una età
adulta che porta entrambi a non riconoscere l'altro, se non nel
deragliamento fallimentare delle aspettative e nello sfilacciamento
della confidenza che li aveva resi vicini.
Attraverso lo sguardo
ormai disincantato di Andrea e le azioni spesso caotiche che vedono
protagonista Dario, Andrea Carraro ci porta all'interno delle vicende
italiane degli ultimi anni, senza raccontarcele direttamente, se non
in trasparenza, e senza emettere giudizi, ma facendone chiaramente
percepire gli effetti. Gli ultimi decenni del Novecento e il primo
scorcio del nuovo millennio conducono la società italiana a prodursi
in una sorta di cattiveria maldestra e viscida, in una progressiva
ricerca di soluzioni facili e di ideali comodi e sconclusionati, così
come assurdo e senza costrutto è il percorso religioso che conduce
Dario ad una notorietà che lo mette a capo di una schiera di seguaci
inconcludenti e confusi, non si sa bene se tanto furbi da credere al
loro disordinato messaggio solo per ricavarne un vantaggio, o tanto
ingenui da cercare dio dove c'è solo falsità e sciocchezza. Nelle
pagine di Come fratelli si intravede un paese cialtrone e
ciarliero, schiavo di un delirio mediatico che colpisce
indistintamente tutti e non permette più di vedere l'assurda realtà
nella quale siamo precipitati.
Ed è proprio la realtà
con le sue incongruenze e i suoi legami sconnessi, con le sue
fragilità, con la consumata e ormai abituale volgarità, a diventare
il centro della narrazione di Andrea Carraro, che non mette ripari
per il lettore, non lo difende, ma anzi lo lascia nel pieno del
marasma di un paesaggio umano snaturato e senza più equilibrio.
Anche per questo la lingua della narrazione non nasconde i mali
comunicativi dell'epoca, ma li riproduce, lasciando campo ad un
parlato ordinario e ostentatamente inelegante. Carraro racconta una
società metropolitana, quella romana in particolare, con un
proletariato che non sa più di esistere e una borghesia che non si
concede alcuna possibilità di riscatto e vive con rassegnata
indolenza la propria incapacità di offrire un senso all'esistenza,
che non sia quello della fuga o della disperazione.
(pubblicato su Giudizio Universale)
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