giovedì 16 agosto 2012

Più libri, meno carcere


In Brasile i detenuti che leggono un libro al mese possono ottenere una riduzione della loro pena. Si tratta di un esperimento, per ora attuato in quattro case di detenzione. E' necessario che i detenuti scrivano, ad ogni libro letto, una relazione «con proprietà di linguaggio e accuratezza, dimostrando di averne compreso il valore e il senso». Ogni anno possono ottenere fino a un massimo di 48 giorni di libertà.
Credo che l'idea nasca dalla costatazione che la lettura di un libro renda senza dubbio migliori (oltre che scaturire dall'assunto, piuttosto retorico oltre che teorico, che la cultura produca libertà). Chi legge cresce moralmente, è meno disposto a fare del male, a sentire gli altri come nemici da combattere. 
L'esperimento è sicuramente apprezzabile e sarebbe bello se potesse estendersi al nostro Paese, semmai interessando anche altre categorie di persone, coinvolgendo cioè coloro che vivono a piede libero e variando di conseguenza la qualità degli abbuoni.
Per esempio, un calciatore che legga almeno un libro al mese si vedrebbe premiato con un calcio di rigore; un politico, con una certa quantità di voti alle prossime elezioni; un medico, con qualche giorno di vacanza in più; una presentatrice di reality show potrebbe andare a cena con Umberto Eco, invece che con Corona. Il vantaggio di un tale sistema riguarderebbe non solamente i lettori, c'è da supporre in gran parte poco abituali, ma tutti noi. Ascolteremmo infatti dai personaggi pubblici dichiarazioni meno superficiali e scontate e vedremmo migliorare la nostra condizione di vita, di fronte, tanto per dirne una, a professionisti più scrupolosi e attenti alle esigenze altrui.
Si potrebbero attribuire premi anche a quegli insegnanti che, svolgendo un mestiere per il quale si presuppone il possesso di determinate conoscenze, credono di non aver più bisogno dei libri o di non aver tempo da leggere. A quelli che dimostreranno di “aver compreso il valore e il senso” di quello che hanno letto, la possibilità di insegnare quello che sanno veramente insegnare, semmai con un aumento di stipendio.

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